sabato 17 dicembre 2011

Esilio di voce, Francesco Marotta



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Restituire l'immagine
al vuoto che precede alla pronuncia
perduta dove suono e colore
si congiungono indifesi
in ciò che arde senza pensiero
nel bianco che annotta inconsapevole
lungo il filo reclinato della luce
solo l'ombra che resiste intatta
al congedo dalla sua dimora
conserva legame e distanza
l'eco del sentiero inaugurato
dal passo oscuro della lingua.


(tratta da: Vulnus)


* * *

Al cospetto della polvere
anche il ricordo si scioglie
in macchie impazienti una pozza
di esaudite meraviglie
tiene dietro a reticoli d'alba
un sepolcro d'acque disabitate
e rari colpi di vento
a reggere l'onda che cresce
il profilo di un volto riemerso
una florescenza un respiro
che al deserto s'impone
a un trascorso errore di luce

(tratta da: Speculum)

* * *

Avanzi verso un mare inaccessibile
e la sera ti impiglia nello sguardo un diluvio
di sillabe l'onda franata sotto i passi
e quel tempo di amare che ha l'ombra
quando ne invochi il morso vivo
dove trovare riparo

(tratta da: Imago)

* * *













Leggere queste poesie di Francesco per me significa isolarsi da tutto ciò che è vita e nello stesso tempo
immergermici fino all'assenza di respiro.

Eppure, la sua assenza di punteggiatura fa si che esista un continuum tra ogni sezione della carne, perchè la sua parola è carne disossata, è mistico suono, è voce tombale.

Gli elementi della natura vanno a intersecarsi con le ombre in giochi di rimandi e prese.
Gli alberi, la neve, la distanza, il silenzio, la cenere, il sepolcro...
Quasi come se l'uomo fosse una luce sbagliata all'interno di questi scenari.

è un'onda, la sua voce, che risucchia la risacca del sentire, la trasforma in febbre, la imprigiona
in sterminati spazi, nei silenzi
senza scampo.



*



* * *

Correggi la luce
che si aggroviglia e confonde
senza dimora e indovini
in un fiotto di polvere il corpo
la bocca l'informe respiro
che porta ancora il tuo nome
chi ti conobbe consumata di sere
esitante del vivere
stringe nel pugno il tempo
di un fiore di neve l'impronta
di un seme ritornato per sempre
alle terre pellegrine dell'aria.

10 commenti:

  1. Trovo questo Blog molto interessante.

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  2. la punteggiatura è un ostacolo,
    le sua poesie sono di aria

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  3. bisognerebbe approfondire cosa si intende per *aria*...
    l'aria è l'elemento indispensabile alla vita, l'aria è la leggerezza dello spazio, l'aria è qualcosa di intoccabile, impalpabile, invisibile.
    l'aria è il primo elemento, dopo la terra.
    poi ci metto il fuoco, e poi l'acqua.
    :-)

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  4. Grazie, Carla, del gentilissimo pensiero. E grazie a Massimo per il commento.

    Un caro saluto.

    fm

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  5. è con immenso piacere che l'ho fatto, Francesco, e sono felice di averti quì...:-)
    devo cercare una musica appropriata anche per la tua Poesia meravigliosa....
    Bach, che ne dici di Bach?
    hai presente nel film il paziente inglese lei che scopre il pianoforte e si mette a suonare due note di Bach...?

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  6. Bach è uno dei miei amori, da sempre :)

    fm

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    1. Questa è per te Francesco, l'ho letta ieri sera, è tratta da: Lacrime e santi di E. M.Cioran:

      Mentre ascoltate Bach, vedete germinare Dio.
      L'opera di Bach è generatrice di divinità.
      Dopo un oratorio, una cantata o una Passione, Dio deve esistere.
      Altrimenti, tutta l'opera del Cantor non sarebbe che un'illusione lacerante.
      ....Pensare che tanti teologi e filosofi hanno sprecato notti e giorni a cercare prove dell'esistenza di Dio, dimenticando la sola...

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  7. Caro Francesco, ne ho aggiunta un'altra (aprendo il libro a caso, stamattina)
    secondo me meriterebbe una sezione a parte:
    di troppa luce.

    ciao :-)

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  8. sono bellissime queste poesie, ne avevo lette altre di Marotta e sono piene di quella sospensione rarefatta di bellezza che mi piace molto e che si fa sostanza e corpo.
    mirella

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