Ci sono due tipologie di poeti: la prima non legge
nessun poeta, la seconda ne legge molti, anche troppi.
La prima produrrà una serie di presuntuosi che si spacciano per avanguardisti,
ma semplicemente vanno ‘ad lumen nasi’, o peggio ancora confondono la poesia
con il primo pensiero che frulla in zucca, sono insomma degli ignoranti, dei
supponenti, dei palloni gonfiati – e facilmente li si sgonfia… Hanno un’idea
solipsistica, onanistica dell’arte, ma che cos’è l’arte se non dialogo col
mondo? (autori, lettori, critici, politica religione, costume, e ovviamente la
tradizione).
La seconda categoria è quella dei poeti DOC. Il rischio per loro è di sentirsi
psicologicamente schiacciati dalla validità o dalla forza o dalla bellezza dei
poeti che essi hanno letto. Il pericolo è di fermarsi alla contemplazione,
all’ammirazione che toglie la parola di bocca e non vedere gli inevitabili
punti di debolezza della loro poetica (che sono poi gli stessi del loro rapporto
con il mondo, generati dagli stessi meccanismi mentali).
Il segreto è: leggere, certo, ma pensare nel contempo in modo critico, ossia il
saper misurare la via che uno ha intrapreso, ma nello stesso tempo chiedersi se
non si possa fare in altro modo, sviluppando intuizioni che inevitabilmente da
qualsiasi lettura ci provengono, rispecchiando il nostro tempo ma parlando a
tutti i tempi. E’ dalle letture che nasce lo stimolo, perché nella lettura
misuri la personalità, il carattere, la psicologia, la visione del mondo di chi
scrive e ti rendi conto delle soluzioni che egli ha adottato. In un certo senso
ti metti in colloquio con lui e poni domande, contesti, approvi, sviluppi
alternative, ecc. ecc. E’ sulla poetica che bisogna ragionare, a cominciare
dalla piccolissima, prima ma decisiva domanda: perché io scrivo?
Ti confesso che non ho ancora risposto a questa domanda, ma a volte mi sorge il
dubbio che se vi rispondessi smetterei di scrivere, esattamente come se
scoprissi con certezza l’esistenza di Dio perderei la Fede. Tuttavia è
necessario formularla, e riflettervi a lungo, sapendo che ogni risposta non è
quella, o meglio, può essere una risposta per il momento, non definitiva. La
tua poesia è, in qualche modo, la tua ontologia.
Dunque, leggi (almeno tu che hai tempo…) ma non lasciarti schiacciare, mettiti
in rapporto dialettico con la loro poetica e troverai la tua poesia, che
scaturisce non da altro che con il confronto critico con la tradizione e
ovviamente i contemporanei.”
[Gianmario Lucini]