lunedì 30 luglio 2012

Disquisizioni su Cioran


Tutto va perduto
in un tempo senza ritorno.

Penso ai frammenti d’infanzia
a come coltivavo l’invenzione
di una canzone, alla composizione
di note poetiche tradotte
nel silenzio – ventilato – del giardino.

Penso al tempo, nel mio tempo, che ritorna.


Siamo subordinati agli umori del corpo,
al suo dolore
quando acuto non permette l’energia
necessaria per la caccia.


Essere lirici
non deve significare
scadere nella ripetitività.

È qui che subentra il controllo
di una mente matura
al punto giusto da sapere
quale sentimento oscurare.

Digrignamo i denti
nella morsa del sonno
che contorce gli arti
e ci fa rotolare
ai bordi di un abisso spaventoso –
La veglia è la condizione cosciente
di questa caduta.

Essere lirici
tenendo presenti i punti
che determinano l’io
porta alla concentrazione
di un tempo in-finito.


è su tre piani
che si snoda la mia casa,
calcarea come i suoi gradini.


- La creazione  è una temporanea salvezza
dagli artigli della morte -

E. Cioran


Ha un suo fascino incatalogabile
la faccia tosta
quando viene esibita con disinvoltura
in un contesto eccentrico-borghese,
maleodorante.

(penso agli aneddoti di Cioran e alle sue risposte pungenti!)


* * *

Essendo ormai logore le forme dell'espressione,
l'arte si avvia verso il nonsenso, verso un universo privato e incomunicabile.
Un fremito intelligibile, si tratti di pittura, di musica o di poesia, ci sembra a ragione desueto o volgare.
Il pubblico scomparirà presto; l'arte lo seguirà da vicino.
Una civiltà che cominciò con le cattedrali
doveva finire con l'ermetismo della schizofrenia.


mercoledì 25 luglio 2012

Essere lirici



[Essere lirici significa non potere restare chiusi in se stessi.
Tale bisogno di esteriorizzazione è tanto più imperioso quanto più il lirismo è interiore, profondo e concentrato. Perchè l'uomo diventa lirico nella sofferenza e nell'amore?
Perchè entrambi questi stati, sebbene diversi per natura e orientamento, sorgono dal fondo più remoto dell'essere, dal centro sostanziale della soggettività, che è una sorta di zona di proiezione e di irraggiamento].



martedì 24 luglio 2012

Calmo Delirio



E’ quando cerco di afferrarti che mi faccio male,
perchè è mia la carne in cui figura
la tua leggiadra apparenza.
Di molte e letterarie grazie adorna,
Beatrice e Lolita,
e inconfessate procaci Letterine
che infestano i torpori postprandiali.



L’anima non aliena da teologica cura
si affanna a rivestirti le pudende
Amarillide altera, ritratto d’innocenza
o vergine guerriera che sprona alla virtù
Ma te ne ridi
tu
dei giuramenti di un giovane
e dell’astinenza pelosa di un vecchio
e ti accontenti di condurli entrambi alla follia.
Sei l’intrigo della Fama al poeta
e il denaro lucente al pennivendolo,
il profumo di fica
che segue e precede
la professione di Fede.
Ma è lo scrittore che più di tutti
ti offre sacrifici, fata e vampiro.
Non è nel tuo corpo sempre fresco
che traccia le sue trame
e lasciando la vita corrente
si abbandona al tuo abbraccio fatale?

























E saperti appoggiata ad un lago con gli occhi
che vorrei che fossero gli occhi che guardo
stagliata di taglio nel pieno cobalto e saperti

a distanza abbastanza vicina
da potere varcare lo spazio col gesto: allungare
lo sguardo come fosse una mano, cercare quegli occhi

e leggerne tutto, entrare in quegli occhi e potervi restare…






















Ogni ombra lieve sul tuo viso
è l’evento, la faglia nella terra
fino alle radici del tuo centro.

Nei secoli dei secoli stava ad aspettare
il tuo volto
sopra l’azzurrità dell’acqua
sopra l’azzurrità del tempo

ed ecco si risveglia
brezza di lago sulla tempia
e di semplicità ridendo squarcia
ogni certezza di queste radici, accarezza

mano bambina ciglia d’un inquieto sentire
socchiuse alla nostalgia d’un richiamo
che viene di lontano.


























Sembra banale definire musica
la tua voce viola che s’increspa
al roboare della grande orchestra
della vita; ma partecipo

d’uno stato di grazia quando scende
quel suono nel mio abisso più segreto
me ne starei sognando trasognato
ad evocarla nel silenzio che l’accende.



*

Senza il tuo nome da ripetere
giaculatoria di senso
trema la voce nell’inutile
vuoto ridire il niente.


*

È certo di regale sostare
il tuo sguardo che mi guarda provvisorio
nella nudità sorridente di penombra
inerme dibattermi falena
che di troppa luce muore.





domenica 22 luglio 2012

Cromatismi


Non ho ancora iniziato il libro che desidero leggere
pensavo alla morte, a come potrebbe sorprendermi
alle cose da riordinare, prima che
la sua folata perentoria recida
nuovamente il mio cordone.

*

- Ombre flessuose -
si adagiano nel verde
a sua volta adagiato sul baratro
di un lago
- come fiordi su un ghiacciaio -

*

Demiurgo del lapis
la mente sempre attiva,
nel suo gioco disperato di sedurre
muore sul foglio.

*

Le montagne sono
drappeggi di seta
e il lago
un arabesco di cristalli
*cobalto e argento*
intessuti come fossili
nell'assoluto assetto delle stelle.


* * *

Santissima Trinità (alla)

Abiurare la mia volontà
sarebbe una morte infierita con la crudeltà della ripetizione
- la morte è unica e sola -

Pensavo a Giordano Bruno,
alla sua lotta ai Dogmi della Chiesa,
alla fierezza dell'intelligenza quando ritratta per la sopravvivenza
solo per guadagnare una manciata di tempo,
che equivale alla stesura di "qualche" manoscritto
(contenente l'ombra del dubbio che scotta)
da inviare al Papa del momento
che archivierà tutto nel suo bunker
di cenere e Santi.



mercoledì 18 luglio 2012

Elegie per la bella (sequenza)



dedicata al femminile *)

Un pensiero m’inquieta
ha volto e figura e viene di lontano
trafigge l’azzurro come la poiana
mi ghermisce m’invade – terra e fatica
nervo che si tende nello scatto
nella paura prima del distacco.

 *****

Giunge la parola e infine il volto
che non oso toccare
si perde nei colori d’un lago
si dissolve sullo sfondo d’un’antica
natura disossata dall’inverno
- per te sento l’oro nascosto del risveglio
il piglio elastico del gesto:
ho infine soltanto cinquant’anni...

  *****

Nel turbinio di visioni ad occhi aperti
cali nella notte, t’immergi
in quel terrore che s’ingrippa e sfuma
in una vasta nube nera: non sanno
amore passando feroci
nel giorno gemente non sanno
l’eresia del silenzio e l’acqua
perenne che macina la pietra

tu cali nel silenzio come il petalo
dell’albicocco e lei ti porta via.

  *****

Vorrei dedicarti versi d’amore
consonanti e vocali che declinano il tuo volto
e rivelarti nel palmo della mano aperta
epica senza bandiere
come pane all’affamato, sangue
alla passione più vera.
                                    Dorme
un demone antico nei nomi e nei verbi
e trema il fonema
a pronunciarti nell’osceno
di questa terra morta.

  *****

E come vela sei che resiste
fiera sul mare che ribolle, chiara
nello sconfinato nero
pencoli al vento e lentamente
avanzi nel mio tempo.

  *****

                   8 aprile

E sono vivo ancora perché mi chiami
e mi riveli nella ruga che t’increspa
l’occhio sorridendo e sono al mondo
destinato, a questo incontro
che ha l’aroma pigro d’un caffé pomeridiano
- il lago banale si converte, il vento
d’uno spirito lo visita e lo scuote:
qui stanzi come esercito e chiami
i fiori del pesco vita che zampilli
dall’arida corteccia dell’inverno.

 ***** 

Oh mia lieve e luminosa
musa che nel tedio ti dissolvi
dei giorni più cupi che mai ricordi...
nelle mani stringo le tue mani
per trattenerti ancora un poco nel disegno
d’un’ardita fantasia
e nel gelo dei sepolcri cerchi il tenue
calore del mio fiato;
mia musa mia musa che vertigine
se guardo appena oltre a misurare
il baratro che da te mi separa – noi vicini
abitatori d’estranee dimensioni...

  *****

Sei così piccola e minuta come desiderio
di silenzio nel clamore
ti fa vibrare la febbre d’un amore
come il più alto colore della magnolia
verso l’azzurro cielo che si cela
dietro le nubi d’aprile.
                                     Piove
in alto nevischia, immobile il tempo
pare trattenga il respiro – si muore
lontano e qui si dispera
nello strazio dei gemiti che il vento
porta di laggiù, oltre il lago -. 
                                               I tuoi
occhi s’adombrano d’inquieto
ed è come un monito in sordina
il senso del paesaggio che ti penetra
spegnendoti in un filo di voce...

  *****

Sei la visione che spiove improvvisa
nell’orizzonte del mese di maggio
e sul vasto prato s’arruffa al refolo

sottile, dilegua fra i verdi e gli azzurri
gioca uccella in amore, (visione
di te e volto e pane
che tenni forse fra le mani sussurrando
verità d’un gioco irripetibile)

e poi fragranza di sapore
nella perfetta accoglienza della casa
trovata e riperduta
- che attende ora disseccata
dal fiato d’un tempo banale...

Chiamo il tuo nome nel vuoto
per poterlo colmare.

  *****

Tu eri nascosta perché non avevo occhi
non il passo della gioia per trovare la tua casa
né la mitezza dell’abbandono
a dissolvermi in te come l’animale
che di semplici meraviglie si paga

e balbutendo il tuo nome, storpiandone il sapore
sulla tua assenza costruivo il mio limbo
paradossali scenari e logiche e dottrine
svanite al primo tuo espiro
- èffeta tua vibrata sul mio capo
come olio profumato, come essenza -.
a suggellare il nostro vincolo segreto.

Da quaresime d’anni sei migrata
dolce mia luna orizzonte strepitoso
- come lei ti sveli e ti riveli
cammini nel mio tempo
lo canti.

 ***** 

Ci sono vite dove l’amore giunge tardi
come un gatto s’acquatta sull’uscio nel sole
e ti rivolge gli occhi con quella sapienza antica
dell’animale.
                     Tu passi, lo vedi, lo brami
accarezzare e ti risponde inarcando la forte
ruota del primitivo desiderio
d’essere materia disciolta in materia e sua essenza
viva d’un fuoco che canta
dove la morte non potrà mai capire.

  *****

... e luminosa giunge nella bruma
lei a sondare assopiti segreti
e quanto il corpo brami
trasfigurazione e volo,
sciolga dubbio e legami
e il vuoto sfidi, solo.

E l'amerò in quel ritaglio d'antica
strada al sonnecchiare del meriggio
di barche pigre e cigni sul lago
opaco, l'amerò per quel suo gioco
negli occhi che dispiega
il mistico silenzio del mio fuoco.

  *****

Nella mente mi sei – fra tutte queste stragi
di primavera – nel sonno
tetro del mondo vegli e tremi
cerchi l’abbraccio, lo temi

quasi fosse impossibile quel sogno
dell’erba e del parco
il silenzioso risveglio dei fiori il passo
del vecchio e del bambino che vanno nella tiepida
brezza d’aprile.

Sei la speranza che non vuole morire
nel mondo intetrito dalla minaccia
del falco predone che cala dall’alto
da dietro una nube...

  *****

                   29 aprile

Se tornerai domani è soltanto per tuo merito
io non ho la forza di difenderti
dall’osceno che guadagna e vince il campo

eri un tempo la bella inaccessibile
riposi ora esausta sul mio petto
come reliquia e nostalgia da proteggere

- perché a me, proprio a me
questo pegno?


 *)  nell'auspicio che il femminile diventi un giorno la più stimata delle virtù umane

Gianmario Lucini