ha volto e figura e viene di lontano
trafigge l’azzurro come la poiana
mi ghermisce m’invade – terra e fatica
nervo che si tende nello scatto
nella paura prima del distacco.
Giunge la parola e infine il volto
si perde nei colori d’un lago
si dissolve sullo sfondo d’un’antica
natura disossata dall’inverno
- per te sento l’oro nascosto del risveglio
il piglio elastico del gesto:
ho infine soltanto cinquant’anni...
Nel turbinio di visioni ad occhi aperti
cali nella notte, t’immergi
in quel terrore che s’ingrippa e sfuma
in una vasta nube nera: non sanno
nel giorno gemente non sanno
l’eresia del silenzio e l’acqua
perenne che macina la pietra
tu cali nel silenzio come il petalo
dell’albicocco e lei ti porta via.
Vorrei dedicarti versi d’amore
consonanti e vocali che declinano il tuo volto
e rivelarti nel palmo della mano aperta
come pane all’affamato, sangue
un demone antico nei nomi e nei verbi
a pronunciarti nell’osceno
E come vela sei che resiste
fiera sul mare che ribolle, chiara
pencoli al vento e lentamente
E sono vivo ancora perché mi chiami
e mi riveli nella ruga che t’increspa
l’occhio sorridendo e sono al mondo
destinato, a questo incontro
che ha l’aroma pigro d’un caffé pomeridiano
- il lago banale si converte, il vento
d’uno spirito lo visita e lo scuote:
qui stanzi come esercito e chiami
i fiori del pesco vita che zampilli
dall’arida corteccia dell’inverno.
musa che nel tedio ti dissolvi
dei giorni più cupi che mai ricordi...
nelle mani stringo le tue mani
per trattenerti ancora un poco nel disegno
e nel gelo dei sepolcri cerchi il tenue
mia musa mia musa che vertigine
se guardo appena oltre a misurare
il baratro che da te mi separa – noi vicini
abitatori d’estranee dimensioni...
Sei così piccola e minuta come desiderio
ti fa vibrare la febbre d’un amore
come il più alto colore della magnolia
verso l’azzurro cielo che si cela
in alto nevischia, immobile il tempo
pare trattenga il respiro – si muore
nello strazio dei gemiti che il vento
porta di laggiù, oltre il lago -.
occhi s’adombrano d’inquieto
ed è come un monito in sordina
il senso del paesaggio che ti penetra
spegnendoti in un filo di voce...
Sei la visione che spiove improvvisa
nell’orizzonte del mese di maggio
e sul vasto prato s’arruffa al refolo
sottile, dilegua fra i verdi e gli azzurri
gioca uccella in amore, (visione
che tenni forse fra le mani sussurrando
verità d’un gioco irripetibile)
e poi fragranza di sapore
nella perfetta accoglienza della casa
- che attende ora disseccata
dal fiato d’un tempo banale...
Chiamo il tuo nome nel vuoto
Tu eri nascosta perché non avevo occhi
non il passo della gioia per trovare la tua casa
né la mitezza dell’abbandono
a dissolvermi in te come l’animale
che di semplici meraviglie si paga
e balbutendo il tuo nome, storpiandone il sapore
sulla tua assenza costruivo il mio limbo
paradossali scenari e logiche e dottrine
svanite al primo tuo espiro
- èffeta tua vibrata sul mio capo
come olio profumato, come essenza -.
a suggellare il nostro vincolo segreto.
Da quaresime d’anni sei migrata
dolce mia luna orizzonte strepitoso
- come lei ti sveli e ti riveli
Ci sono vite dove l’amore giunge tardi
come un gatto s’acquatta sull’uscio nel sole
e ti rivolge gli occhi con quella sapienza antica
Tu passi, lo vedi, lo brami
accarezzare e ti risponde inarcando la forte
ruota del primitivo desiderio
d’essere materia disciolta in materia e sua essenza
viva d’un fuoco che canta
dove la morte non potrà mai capire.
... e luminosa giunge nella bruma
lei a sondare assopiti segreti
E l'amerò in quel ritaglio d'antica
strada al sonnecchiare del meriggio
di barche pigre e cigni sul lago
opaco, l'amerò per quel suo gioco
il mistico silenzio del mio fuoco.
Nella mente mi sei – fra tutte queste stragi
tetro del mondo vegli e tremi
cerchi l’abbraccio, lo temi
quasi fosse impossibile quel sogno
il silenzioso risveglio dei fiori il passo
del vecchio e del bambino che vanno nella tiepida
Sei la speranza che non vuole morire
nel mondo intetrito dalla minaccia
del falco predone che cala dall’alto
Se tornerai domani è soltanto per tuo merito
io non ho la forza di difenderti
dall’osceno che guadagna e vince il campo
eri un tempo la bella inaccessibile
riposi ora esausta sul mio petto
come reliquia e nostalgia da proteggere
- perché a me, proprio a me
*) nell'auspicio che il femminile diventi un giorno la più stimata delle virtù umane
Gianmario Lucini