Si inseriscono troppi dati
Nella memoria
Che poi sia virtuale o virtuosamente reale
A chi importa veramente?
Il bagaglio si fa sempre più ingombrante
E lo spazio meno.
[Gorgia passa quindi a
“dimostrare” che se l’esistente potesse essere pensato e compreso non potrebbe
comunque essere comunicato (parr. 83-84). Prosegue poi con una interessante
definizione del linguaggio]. (85) [...] Perché la parola, dice Gorgia, è
l’espressione dell’azione che su noi esercitano i fatti esterni, cioè a dire le
cose sensibili; per esempio, dal contatto col sapore, ha origine in noi la
parola conforme a questa qualità; e dall’incontro col colore, la parola
conforme al colore. Posto questo, ne viene che non già la parola spiega il dato
esterno, ma il dato esterno dà significato alla parola. (86) E neppure è
possibile dire che, a quel modo che esistono oggettivamente le cose visibili e
le udibili, cosí esista anche il linguaggio; sicché, esistendo anch’esso come
oggetto, abbia la proprietà di significare la realtà oggettiva. Perché, ammesso
pure che la parola sia oggetto, egli dice, tuttavia differisce dagli altri
oggetti; e soprattutto differiscono, dalle parole, i corpi visibili; perché
altro è l’organo, con cui si percepisce il visibile, ed altro quello, con cui
si apprende la parola. Pertanto, la parola non può esprimere la massima parte
degli oggetti, cosí come neppure questi possono rivelare l’uno la natura
dell’altro. (87) Di fronte a tali quesiti insolubili, sollevati da Gorgia,
sparisce, per quanto li concerne, il criterio della verità; perché
dell’inesistente, dell’inconoscibile, dell’inesprimibile non c’è possibilità di
giudizio.
L'innamoramento della parola
segue le sue escursioni
lungo i tratti prevedibili della memoria;
quelli imprevedibili
cospirano.