martedì 25 novembre 2014

Le stanze del fiore nero, Mirella Crapanzano


Emergo dalla pelle
senza dire la neve sulla tua bocca

ed è lago quella trasparenza
che oggi chiami amore disabitato.

(pag. 14)



Finalmente ricevo un libro “pulito”, senza contaminazione di prefazioni e postfazioni, libero di lasciarsi leggere e assorbire nell'intimità di una stanza per poterne ricevere le impressioni che emergono piano, aleggiando nell’aria sospese in attesa di sedimentazione.


Tre parti suddividono il libro, tre quarti di luna, ognuna naufragio di esperienza interiore, di strato giacente tra: *Terra e cielo*.

Parte prima

Le stanze del fiore nero, l’origine, la bellezza

Mi considero dimora (im)perfetta

del mio non-luogo. tutto ciò che sono
fa corrente e sbatte.

(pag. 11)

Quando si legge poesia accade che la scrittura si trasformi in immagini, emergono archetipi 


Le distanze hanno paratie salmastre
specchi rotti che narrano il buio dei cristalli
il dolore a intervalli, sonagli appesi
a mantiglie rosse, incustodite dall'infanzia

donne con vesti bianche in processione
sfilano la sera a riscuotere l'aurora, i seni colmi
di rugiada, un canto muto, serrato nelle braccia.

 (pag. 18)


Parte seconda
Le stanze costrette ai gorghi, l’isola.


La pancia del mare è rifugio, 
un'isola piena di stanze, il ventre acquatico che rassicura

Il mare ha una grande pancia
lunghi corridoi di pesci
un affondo d'acqua dentro scafandri
rotte tracciate in coda alle balene
una sorpresa di tartarughe
il resto è sale

(pag. 29)


Parte terza
Le stanze dell’amore, l’invisibile e il corpo

Le cose si annidano in piccole stanze dove dimora l’invisibile


Era solo ieri che mettevi in scena nuove prospettive
piccole stanze dove dimora l'invisibile
quando si incurva sulla mano e lì si annidano le cose
sbocciano persino, come improvvise, un contrappunto
di strane melodie.

(pag. 43)


La trama dell’acqua è sempre presente nel mare che si fa propiziazione di un dire che formula sillabe sul corpo come mappe di luoghi a cui apparteniamo da sempre.


Sul corpo ho strane formule, ghirigori

appartenenti a lingue sconosciute
sfuggite ai libri. le percorro con le dita
quando la notte mi incontra ai luoghi
intatti di bambina

(pag. 51)


(Il mare dentro l'ombelico
ha i confini della tua bocca
eppure lì ogni cosa, sai, sembra
infinita)

(pag. 62)





Il finale mi riporta all'epilogo di: Lezioni di piano di Jane Campion

al sonetto Silence di Thomas Hood

*Domina il silenzio, là dove non è mai stato suono
domina il silenzio, là dove non può esservi suono
nella fredda tomba sul fondo del mare profondo.*

6 commenti:

  1. Grazie Carla, per la tua lettura così attenta. Provo una particolare empatia nel leggerti e noto che altrettanto riesci a cogliere nelle mie parole, a volte, persino le più piccole sfumature... Ti abbraccio forte.

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  2. Ma che bella sorpresa!
    grazie di cuore amiche mie ...
    in particolare per la dedica :-)
    baci

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  3. Bellissime queste liriche così femminili. C'è stato un tempo (cui il film citato mi riporta violentemente indietro) in cui mi sono sentito così vicino a sentire il femminile ... come la cosa più importante che potessi fare. Tutto ruotava intorno ad esso. Inutile dire che sono naufragato e che ormai contemplo il mistero da lontano, sapendo che non potrò mai avvicinarmi, pena la morte.

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    1. perchè non potrai mai avvicinarti ?
      un altro film che rivedrei continuamente è: Mato Grosso ...parla di una ricercatrice donna nella foresta del sud america che appoggia nella ricerca contro il male del secolo un dottore che vive laggiù ... è bellissimo e ogni volta che lo guardo mi precipito in quel mondo.

      grazie per le tue visite deliziose :-)

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    2. Grazie a te. Non posso avvicinarmi perché brucia ... :-)

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