martedì 24 luglio 2012

Calmo Delirio



E’ quando cerco di afferrarti che mi faccio male,
perchè è mia la carne in cui figura
la tua leggiadra apparenza.
Di molte e letterarie grazie adorna,
Beatrice e Lolita,
e inconfessate procaci Letterine
che infestano i torpori postprandiali.



L’anima non aliena da teologica cura
si affanna a rivestirti le pudende
Amarillide altera, ritratto d’innocenza
o vergine guerriera che sprona alla virtù
Ma te ne ridi
tu
dei giuramenti di un giovane
e dell’astinenza pelosa di un vecchio
e ti accontenti di condurli entrambi alla follia.
Sei l’intrigo della Fama al poeta
e il denaro lucente al pennivendolo,
il profumo di fica
che segue e precede
la professione di Fede.
Ma è lo scrittore che più di tutti
ti offre sacrifici, fata e vampiro.
Non è nel tuo corpo sempre fresco
che traccia le sue trame
e lasciando la vita corrente
si abbandona al tuo abbraccio fatale?

























E saperti appoggiata ad un lago con gli occhi
che vorrei che fossero gli occhi che guardo
stagliata di taglio nel pieno cobalto e saperti

a distanza abbastanza vicina
da potere varcare lo spazio col gesto: allungare
lo sguardo come fosse una mano, cercare quegli occhi

e leggerne tutto, entrare in quegli occhi e potervi restare…






















Ogni ombra lieve sul tuo viso
è l’evento, la faglia nella terra
fino alle radici del tuo centro.

Nei secoli dei secoli stava ad aspettare
il tuo volto
sopra l’azzurrità dell’acqua
sopra l’azzurrità del tempo

ed ecco si risveglia
brezza di lago sulla tempia
e di semplicità ridendo squarcia
ogni certezza di queste radici, accarezza

mano bambina ciglia d’un inquieto sentire
socchiuse alla nostalgia d’un richiamo
che viene di lontano.


























Sembra banale definire musica
la tua voce viola che s’increspa
al roboare della grande orchestra
della vita; ma partecipo

d’uno stato di grazia quando scende
quel suono nel mio abisso più segreto
me ne starei sognando trasognato
ad evocarla nel silenzio che l’accende.



*

Senza il tuo nome da ripetere
giaculatoria di senso
trema la voce nell’inutile
vuoto ridire il niente.


*

È certo di regale sostare
il tuo sguardo che mi guarda provvisorio
nella nudità sorridente di penombra
inerme dibattermi falena
che di troppa luce muore.





16 commenti:

  1. Ripropongo, con un pizzico di vanità tutta femminile, poesie dedicatemi in un passato non remoto, indimenticabili!

    :-)

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  2. Bruttine, fatta salva il soggetto.

    (tutta invidia naturalmente) Una buona serata.

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  3. ti sfido a indovinare il soggetto che compare in apertura
    e attenzione: l'invidia è velenosa!
    (:-))

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    1. sono arrivato tardi. Ma avrei perso... non conoscevo questa bella signora. Buona giornata.

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  4. Mhmm.. l'amante di Campana, com'è che si chiamava?

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    1. non è così facile come sembra, Elio...:-)
      acqua!

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    2. comunque si chiamava Sibilla Aleramo, pseudonimo di Rina Faccio.
      nella mia modesta biblioteca tengo *Un viaggio chiamato amore* lettere 1916-1918 ...
      splendido

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  5. ....lo so che è un compito difficile....
    questa donna non era una donna, era una quercia!

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  6. Comunque le foto sono molto belle!
    Stefano

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    1. “Acuta come un’aquila e coraggiosa come un leone” (F. W. Nietzsche)

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  8. raffinate, come la donna cui sono dedicate

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    1. Grazie Massimo, non potevo desiderare di più, dalla parola poetica ...

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  9. splendide, direi... a te potrebbero essere dedicate sicuramente... potresti avere dimestichezza sia con le aquile che con i leoni...

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  10. Carissima amica, io ho dimestichezza anche con i lupi!;-)

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