lunedì 7 marzo 2016

Sequenza della neve, per Anna Maria Farabbi


Mi cercano nel paesaggio.    Io sono uscita

morta    diffusa: creo la quiete tra le tempie
mentre pellegrino scalza
nell'ombelico madre.
Chiedono se la mia voce esiste
o canta il linguaggio dei pesci
dove sono in che cosa   si è trasformata
la radice dell'io.

Da animale a vegetale a minerale   in pane.


Qui al campo base la voce non è necessaria
pensiamo zitti la montagna
come un triangolo madre
dentro cui entrare

poi non pensiamo più:
succede che il corpo rumina da solo
slacciando le tempie

si accende il fuoco da solo    controlla
i nodi del rosario nelle corde
scalda e rallenta il respiro
tra la tessitura del sangue e l'oriente    esce
e dorme

prendo la neve con la lingua e scrivo nel bianco
tanto per far ridere    ma è preghiera
e la preghiera è un arco:

sain victoire e il monte fuji
mi appaiono contemporaneamente




tra i tanti fili del mio tappeto
uno è il rosso   che lo rende volatile

questa notte la luna accende le neviere
colme e abbaglianti
aprono la luce dentro la mia tenda e sul valico

nel mio cuore profondo
il mio amore suona.



[da: Solo dieci pani, Anna Maria Farabbi, Ed. LietoColle]


2 commenti:

  1. nella Sua poesia mi identifico, nel suo fiato che è prana che è rampa

    proviene dalla terra profonda e si eleva alla Grazia.

    Questa per me è la Signora Poesia.

    La *Magnifica bestia*!:-)

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