lunedì 11 aprile 2016

Necessità e destinazione. Nota di lettura di Gianmarco Pinciroli


Cara Carla, ogni volta che prendo contatto con una poesia autentica (e la tua lo è) devo constatare, almeno ad una prima immersione, l'inestricabile groviglio dei temi che rendono affascinante, ma non subito compresa sul piano tematico, la lettura che se ne fa; è un'empatia utile al piacere estetico ma non mai sufficiente, se s'intende partecipare con un minimo di razionalità al mondo nuovo e antico che in quei versi ci si squaderna davanti. Ecco dunque che ad una seconda (e terza, eccetera) lettura si comincia finalmente a capire, e diventa allora necessaria un'operazione selettiva rispetto ai temi che s'intende seguire, per poi scriverne. Per non ripetere le giuste osservazioni fatte a suo tempo da Fedeli e Lucini, io mi concentrerò su una direttiva tematica che peraltro mi appartiene da sempre, sulla quale ho scritto i miei libri (che anche tu, in parte, conosci) e della quale restano impregnati i miei tentativi direttamente poetici (anche questi, in parte, conosci). Mi sono chiesto quindi, rileggendo con grande attenzione i tuoi versi, come si configura la tua relazione con la scrittura, e anche: che cos'è scrittura per te? e ancora: a quale scopo scrivi? E' chiaro che la risposta che se ne può dedurre  è interessante soltanto se è perfettamente incarnata nei tuoi versi, altrimenti, se espressa secondo un altro registro scritturale, diventerebbe una nota critica (come lo è nei miei "maestri", ad esempio), ma sarebbe un'altra cosa, molto lucida (e forse l'hai anche fatto altrove) dal punto di vista teoretico, ma del tutto non pertinente rispetto alla santa immediatezza del dettato poetico che mi hai sottoposto.

Sono partito dal titolo della tua terza raccolta, perché il tema dell'"altrove", di cui qui delinei una "geografia", tu l'avevi già annunciato in apertura di "Rapsodia" ('L'altrove è un luogo costruito/nella mente e nello spirito'); il fatto che la "geografia dell'altrove" sia "costruita nella mente e nello spirito" basta da solo a illustrare un progetto profondo di scrittura, in cui si dà conto sia del senso che questo progetto va di volta in volta costruendo (da sempre, l'altrove è il luogo che non c'è, che non c'è ancora, che dovrebbe esserci, è il luogo dell'utopia), sia del tipo di sguardo che intende reperirne le tracce (il termine 'geografia' ben si adatta a descrivere tutto il tuo lavoro, sin dal primo testo di "Aria di lago": qui è una geografia prima di tutto naturale, nel tuo caso rappresentata dai posti meravigliosi in cui vivi, ma è anche una geografia della memoria, dato che subito, nel primo testo della prima raccolta, la mobiliti - 'affiorano i ricordi' - e infinite altre volte la mobiliti nelle altre due raccolte, e infine - e quest'ultima geografia, accennata senz'altro nelle ultime sezioni di "Aria", diventa poi un tema portante, forse il tuo tema per eccellenza, nelle altre due - è una geografia tutta interiore).

A questo proposito mi sono annotato un gran numero di passi in cui ogni elemento di paesaggio che tu mobiliti si profila retoricamente come una metafora o una metonimia del tuo sguardo interiore sulle cose e sulle persone. Sotto questo profilo, anche il semplice tagliare zucchine o stirare camicie, malgrado la loro empiricità elementare, confermano il detto di Eraclito: "Anche qui ci sono gli dèi". Probabilmente, in tutto questo ci potrebbero essere tracce di insegnamenti zen, oppure potrebbe invece essere una tua disposizione naturale a considerare la scrittura come il luogo della verificazione dell'esperienza vissuta (io la vivo da sempre così). Molte volte ho citato l'affermazione di René Char circa l'essere la poesia il pane quotidiano, sia essa poesia scritta o letta, la cosa è indifferente. L'impressione allora che danno i tuoi versi, sia quelli di "Rapsodia" sia quelli di "Geografia", nel loro andamento frammentario, rapsodico appunto, aforismatico in qualche caso, ma tutti strettamente collegati tra loro, è proprio quella di una panificazione necessaria alla dazione di senso quotidiana, al dare senso al dono della vita, affinchè il non-senso (il vuoto) di fondo non prevalga e l'umano diventi la nostra vera realtà.

'Non ho ancora iniziato il libro che desidero leggere/pensavo alla morte, a come potrebbe sorprendermi/alle cose da riordinare, prima che/la sua folata decisiva recida/nuovamente il mio cordone' ("Rapsodia"): ecco quindi l'emersione della dazione di senso: leggere, scrivere, ossia conquistare il cosmos contro il caos, prima che la fine (la morte) ridiventi l'inizio (io chiamo tutto questo da tempo "falso movimento", perchè origine e fine sono un punto solo, e quel punto è l'eterno che ci aspetta); d'altra parte, l'ultimo testo di "Geografia", dedicato a Lucini, conferma questo: 'Ti sei consumato dietro la scrittura dei giorni,/non sapevi che l'eterno/era già dentro di te'. La 'consumazione' di cui parli è al tempo stesso esistenziale e scritturale, è la fatica quotidiana dell'uomo che vive e che scrive, che si trova a dover scrivere, che sceglie di scrivere, e per poterlo fare non deve sapere (razionalmente) che quel punto d'eterno, in cui l'esser nati e il dover morire si assommano in un solo attimo grazie alla geografia esteriore e interiore che rappresentano in toto la sua esperienza di vita, è già custodito e protetto dentro ognuno di noi, e che chi scrive, dunque, non ha - di questo movimento che è ricominciato ogni giorno e che ha colmato nella provvisorietà il vuoto - altro che il compito umano, tutto umano di renderne testimonianza.

Il gioco della scrittura è allora per te, mi sembra di capire, un pendolo che oscilla tra coscienza di una necessità e incoscienza di una destinazione: da un lato 'Scriviamo come uccelli aggrappati/ad un filo a piombo/per esorcizzare la paura' (in "Geografia"): dove s'affaccia quel filo a piombo? forse sul vuoto che è nostro dovere colmare con le giuste parole quotidiane, l'esorcisma è proprio nei confronti della vampirizzante tentazione di lasciarsi andare nell'insignificanza, e la paura di cui parli è una sana reazione a questa sconfitta; dall'altro 'Il mio mondo è qui/lontano dal mondo. [...]/Qui mi può solo toccare/la natura - contaminata- di un Dio' e 'Il foglio è il rifugio necessario/ma mai quanto il paesaggio del mio lago' (ambedue in "Geografia") e anche 'Scrivere è potenza che si stempera/impotente dalle dita/per andare a schiantarsi sul muro/del nostro sentire.' (in "Rapsodia"), ossia: necessità e destinazione, i due volti indistinti eppure diversi di chi scrive, esigono al tempo stesso presa di distanza dal mondo così com'è (la citazione da "Rapsodia" descrive l'ostilità quotidiana rispetto alla parte migliore di noi che con essa fatalmente confligge), e ricerca di un rifugio 'nel' mondo (non 'fuori' dal mondo), nell'incertezza, talvolta delusiva purtroppo, che mai nessuna parola, però, potrà eguagliare la bellezza spontanea che ci offre la natura, essa vista, nella sua gratuita e semplice perfezione, come segno di un mondo così come dovrebbe essere.

Questo è quanto, cara Carla, mi è giunto alla penna del computer di scriverti in merito ai tuoi versi. La loro ricchezza tematica - lo ripeto - va ben oltre queste poche note, ma mi sia lecito, per il momento, lasciare nell'inespresso tutto il molto che rimane consegnato all'enigma del tuo ordine del discorso poetico, e che forse non sempre l'attenzione 'critica' dovrebbe turbare con le sue un po' fastidiose razionalizzazioni.

Mi farai sapere che cosa ne pensi, e grazie ancora per le tue dediche e per l'opportunità che mi hai offerto di partecipare alla tua esperienza poetica.


Un caro saluto
Gianmarco

* * *



Sì, è proprio il mio orecchio, l'orecchio interiore
quello che sente
e che deve imparare ad ascoltare.

Necessità e destinazione
sinonimi di una scrittura completa.
La ricerca che ogni poeta vorrebbe vedere tradotta sul foglio semplicemente ascoltando
la natura e il suo manifestarsi.

Cos'è la scrittura per me?
Come si configura la mia relazione con la scrittura?
A quale scopo scrivo?

Il bello della scrittura è che non sempre è razionale, a volte capita che l'impulso combaci con l'intuizione. Nasce così l'illuminazione.
Mai nessuna parola potrà eguagliare la bellezza spontanea che ci offre la natura - rifugio nel mondo -
È questa la certezza che in questi giorni mi abita
sapere che tutto è già stato scritto nel grande libro degli eventi. Il tentativo di riscriverlo.

All'inizio scrivevo per dare voce al mio sentire, avevo bisogno di conoscere la mia identità per proteggere la mia timidezza, poi ho scritto perché la lettura , le varie letture di filosofia ma anche di poesia, mi hanno portato a scoprire correlazioni tra pensiero filosofico e realtà, tra esperienza personale e contatto con l'umano.

La curiosità mi ha spinto alla sperimentazione, alla selezione
Così in ogni poesia ora ricerco l'essenziale, a volte la sentenza, a volte la constatazione
che ogni concetto merita attenzione quando viene nominato.

Lo scopo è mantenere viva la mente, non dimenticare le piccole cose, il vissuto personale e il paesaggio in cui si compie il gesto dove la parola diventa interruttore  che procura la luce.

Lo scopo è arrivare al cuore delle persone emozionandole, facendole riflettere, aprendo i loro occhi sulla vita (che è l'interiore).

Catturare i segreti della natura che abita il mondo sotterraneo e portarli alla luce, questo mi affascina e mi fa vivere in armonia.

E questa è per te, che mi hai dedicato il tuo tempo, il mio grazie ...:-)



L'orecchio conduce
oltre la soglia del suono
che da luce al buio
e lo protegge
e non conosce la condizione del tempo
ma la assapora.

Mi nutrirei di solo vino
e destinazione.

8 commenti:

  1. kalokagathìa, la riconosco ... mi appartiene
    ora posso risponderti
    nel mio mondo

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  2. Ho scoperto il tuo blog grazie al profilo Linkedin che mi hai mandato. Ho letto le tue osservazioni e penso che siano molte le osservazioni che dovrei fare, ma che cosa diventerebbe mai il tuo blog a questo punto? Aiuto... E ho anche scoperto che sei una brava fotografa. Grazie per i versi che mi dedichi! Ci risentiremo con calma

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    1. Carissimo Gianmarco, prima di tutto sono felicissima del fatto che tu mi abbia scritto, qui o in altro luogo poco importa, mi importa l’Amicizia 
      Cosa diventerebbe mai il mio blog se si riempisse di osservazioni pertinenti?
      Sicuramente un luogo di stimolo sia per chi legge sia per chi gestisce, questo è certo, anche perché le tue osservazioni sono sempre acute e appropriate, intelligenti …ho avuto modo di sperimentarlo nella Dimora.
      Per questo sentiti libero di fare qualunque osservazione, io sarò felice di potermi confrontare in uno scambio intelligente di pensiero ...
      a presto quindi:-)
      ciao!

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  3. "l'impulso combacia con l'intuizione. Nasce così l'illuminazione". La parola chiave di questa sorta di ricostruzione della genesi scritturale sta nel verbo 'combaciare': se l'impulso rappresenta la necessità interiore (il bisogno d'espressione) e l'intuizione rappresenta la sua traduzione (l'immagine che si fa carico di quell'espressione), il loro allineamento si realizza linguisticamente in ciò che chiamiamo 'verso' (o meglio: sequenza di versi). Forse quello che tu chiami 'illuminazione', e che ricorda per forza di cose Rimbaud, è il risultato finale del processo: luce interiore che ha trovato le parole per comunicarsi attraverso l'impulso/intuizione. Prova a verificare nella tua scrittura se le cose succedono davvero così.



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  4. Verlaine lo definiva: "L’homme aux semelles de vent". "L’uomo dalle suole di vento". Che meraviglia!
    Si, credo che tu abbia centrato il fulcro, la poesia nasce da un incontro che deve avvenire in determinate circostanze… il luogo è relativo, sei tu che devi essere in quel determinato stato che ti permette di cogliere – con la dovuta leggerezza, perché se ci si ostina a ragionare troppo si spezza l’incantesimo –
    L’intuizione”per trasformarla in espressione …l’immagine è importantissima perché definisce il pensiero.
    È come se si entrasse in uno stato di catalizzazione delle sensazioni …qualcosa di eccitante e sorprendente insieme sta per accadere, qualcosa che ti fa sembrare geniale anche solo una frase, un verso, una sentenza.
    Ma sia ben chiaro, ciò avviene raramente.
    (A me è capitato con certi aforismi,dopo aver letto Wittgenstein che tanto ha influenzato il mio Rapsodia in rosso, bei tempi!:-)
    Amo la casa in montagna perché li conservo sparsi nei cassetti e in antichi bauli tanti estratti dei grandi pensatori, stralci di saggi, ritagli di giornale, pagine di blog, e tutti i poeti che ho amato, e quando mi metto a cercare qualcosa, a volte trovo cose di cui mi ero dimenticata, ma che sempre hanno a che fare con la madre poesia, poiché ho sempre pensato che Tutto (l’esistenza) è intrecciato nei fili di seta del tappeto persiano che custodiamo in soffitta.

    Ciao Gianmarco, e grazie per l'attenzione
    e grazie per questo tuo
    spremermi come una spugna (Neruda:-))

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    1. la poesia Pablo Neruda in questione si intitola
      *Ballata della disperazione*:


      ‘Già ho le pupille desolate
      di non vedere un cammino illusionato!

      Pensare che quando sarò morto
      il sole sorgerà…! E perchè non dovrebbe sorgere?

      Sono una spugna, nessuno mi ha strizzato,
      e sono un vino, nessuno mi ha bevuto…’

      * * *

      Ieri mia madre mi ha chiesto spiegazioni su alcune poesie...ecco, una cosa che amo della poesia è proprio la conservazione della memoria. A maggio ci sarò Microfono aperto al palasole di Bellano ... dovrò leggere tre poesie in pubblico, può sembrare assurdo ma per me significherà mettermi alla prova e superare una barriera.
      ho paura della mia voce.

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  5. Capisco bene il timore di esporsi in pubblico (in generale), per di più con produzioni così fragili come le proprie poesie. Ci sono poesie che esigono di essere dette in pubblico, e poesie che esigono il silenzio della lettura privata. Non so che dire delle tue, e nemmeno delle mie. Forse qualcuna si presta alla condivisione 'live', bisogna scegliere con cura.

    Sul tema della poesia come conservazione della memoria tocchi per quanto mi riguarda un nervo scoperto, dal momento che io ho affidato ai versi il meglio e il peggio delle mie esperienze vissute, e rileggermi è ogni volta, come diresti tu, una 'illuminazione'.

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    1. dici bene, la poesia è uno stato intimo
      però è giusto anche condividerlo, quando pensi alla bellezza
      allora io avrei già scelto

      Il sole brilla perchè mi ricorda Piateda
      La febbre mischia il sangue, perchè riflette il mio lago
      e infine
      I crochi sono ricomparsi

      ed è vero ...:-)

      come è vero che la poesia anche per me resta, e resterà, qualcosa di magico da leggere in silenzio.

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