venerdì 27 dicembre 2013

Rapsodia in rosso, note critiche


Ciao donna bellissima, come la tua poesia.  Veramente impressionato: chapeau.
per capire questa poesia bisogna essere filosofi e avere anche il coraggio di staccarsi dal dolore del mondo, per entrare in un dolore più metafisico, che non tutti possono provare.  E non è facile. Ci metti anche delle suggestioni orientali, magari in qualche punto fai del sincretismo, ma il complesso regge, eccome.
Comunque una cosa è certa: lo voglio editare a qualsiasi costo, che vinca o no non mi importa nulla. Ovviamente se tu sei d'accordo. I soldi in qualche modo li troverò. E' sicuramente un lavoro che DEVE essere portato a conoscenza della critica. Pian pianino comincerò la lavorarci e magari a chiederti delle cose.
Hai fatto un lavoro bellissimo ma ricorda queste mie parole: una cosa così non si può ripetere.  Un autore la può fare soltanto una volta nella sua vita, poi deve cambiare registro. Non so perché te lo dico, ma mi viene da dirlo e una ragione ci sarà (se ci penso la trovo).
Ti meriti come minimo un bacio calorosissimo: mi hai proprio entusiasmato.
Ciao
Gianmario

10/10/12

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Cara Carla, ecco le mie impressioni a caldo. Spero ti siano utili.
Molto bella la prefazione di Fedeli: centra il materiale con cui lavori: filosofia, autobiografia, scienza.
Tuttavia: riesci davvero a farne un unico sentire? Il poema si dipana in lasse che si muovono con nuclei autonomi che talvolta il lettore fatica a collegare tra loro. Forse avresti potuto organizzare meglio il materiale così da suggerire un percorso. Voglio dire: Pur mantenendo la struttura poematica, dividendo il tutto in 4 o 5 parti, l’economia del racconto ne guadagnava in chiarezza e incisività.
Ci sono delle strofe belle, riuscite (es. p.10 la 2, 3 e 4; p. 11 la 3; p16 la prima e tante altre). Mi piace, a p.15 della terza strofa gli ultimi 4 versi, mentre il primo “scorci di memoria” è uno stereotipo. In generale, queste pagine (la 14 e 15) peccano di eccessiva tensione verso il sublime (ma oggi, esso è ancora possibile?). Lo compensa la pagina successiva, quando parli dei fiori di zucca.
Anche i paesaggi sono talvolta stereotipati, soprattutto all’inizio (dopo sono migliori, anche se diradano): il “silenzio del lago”, il “guizzo argentato che inseguo / sul pelo dell’acqua”. Bello invece la materia “che ruba / sangue al nero” (p.9) e a p.27 l’immagine degli anatroccoli e dell’airone e, ancora, incisivo il “dialogo / col volo” (p.41)
Nello svolgimento del poema, come accennato, il paesaggio tende a scomparire. Emerge l’elemento discorsivo, tendenzialmente astratto, che impoverisce la visione. E quando parli di filosofia, corri il rischio che i nomi (Platone, Plotino ecc) siano semplici etichette a cui rimandi e che spetti al lettore la trasformazione del verso in pensiero. Quando invece il pensiero poetante c’è nella misura in cui dice della verità qualcosa che nessun pensiero concettuale può dire. Insomma, i versi non devono diventare tramite della filosofia, ma essere loro stessi pensiero differente.
Meglio quando chiami in causa la scienza. Belle per esempio le pagini carnali-masturbatorie di pp.23-24: la metafora tiene e sei riuscita a raccontarti. La tensione cade, a p.24, quando nomini “Fiammingo”: qui torna il libro, la cultura decorativa, un certo D’Annunzio esteta tutto decadente.
E folgoranti certe parti assertorie “Dire ciò che si pensa / ecc” p.36 e p.29 prima strofa (ce ne sono altre che non cito per brevità). Qualche volta pontifichi troppo: p.18 terza strofa.
Il libro comunque attesta che ci sai fare. Devi soltanto affinare il progetto, decidere meglio quale sia il tuo linguaggio e avere più consapevolezza riguardo a quanto è creazione e quanto invece semplice presenza di un già detto, già sentito.

Ti faccio gli auguri di Buone Feste!
Schio, 25 dicembre 2013


Stefano Guglielmin

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in realtà il primo impatto è positivo, mi piace questo alternarsi
di elementi materici ad altri più allusivi o spirituali o anche concettuali;
peccato solo che siano un po' troppo costrette nella pagina, avrebbero avuto bisogno di più respiro dal punto di vista grafico

ecco le poesie che ho preferito:

p.17 Non sono che una piccola entità
p. 18 Un'immensa nostalgia
p.25 Ginepro selvatico
p.29 Non teme l'occhio
p. 30 Nel momento stesso in cui accade
p. 35 Scrivere
p.36 Provo una sorta di piacere
p. 39 L'uomo è un tessuto di nodi
p. 41 Rosa e I prati bagnati
p. 42 Di taglio
p. 44 Niente altro che questi contorni
Buona settimana!
m
(mario domina)




9 commenti:

  1. le foto sono di Santo Stefano, onomastico di mio papà!
    (sotto la mia Renatina con la veneziana :-)

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  2. la bionda invece è mia sorella, naturalmente!
    adoro quelle sue pettinature d'altri tempi ...
    c'è un bel calore in casa :-)

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  3. Grazie di nuovo, la forza delle immagini si fa sentire.

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  4. Molto bella, raffinata la tua poesia! Attinge direttamente alla primigenia, impetuosa purezza delle origini. Ne nasce così una creatività dialettica fra mente e corpo, pensiero ed emozione. La poesia diventa l'arma con cui la ragione ascolta organizza ed esprime, nel tentativo di contrapporsi alla morte del sentire. I versi nella loro levità tendono alla riappropriazione dell'intima essenza delle cose in un Tutto organico e vitalistico secondo le più remota tradizione filosofica occidentale. Basti citare il concetto di pneuma che è il nucleo centrale da cui la poesia si dipana. Complimentoni! Rosa Salvia

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    1. Grazie Rosa,
      le donne sanno cogliere la levità del sentire...
      c'è tutto un lavoro del pensiero in questo libro, una forte riflessione che però non vuole imbrigliare la mente in certi schemi che è così abituata a seguire.
      per questo l'ho lasciata libera di fluire ....ognuno recepisce ciò che sente di dover recepire .

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