lunedì 24 settembre 2012

Cristo epicentro




Lo schema aiuta l'analisi
quando vuoi approfondire un concetto
necessita una connessione
tra gli elementi
in simboli scomposti:
Girard - Crocifisso - Gans
(mimesi in sottofondo).

Il filo conduttore è nelle immagini
che nitide rivelano la storia
dei miti scaglionati, di un credo
che piano riproduce - in effigie - un richiamo.

Pilato si protende - Cristo in croce - il cacciatore mira.



un interessante spunto alla riflessione quì:

http://www.bibliosofia.net/files/una_prospettiva_antropologica_per_la_letteratur1.htm

estrapolo questo "inciso" che trovo fondamentale per evidenziare il pensiero di entrambi.


Torniamo alla scena originaria, cui abbiamo già accennato due volte. Dunque, per Girard l'umanità ha origine da uno sviluppo dei proto-umani che li porta ad un punto in cui i meccanismi naturali che impediscono alle società animali di autodistruggersi non funzionano più. Le specie animali dispongono infatti di un sistema di limitazione degli effetti distruttivi dell'aggressività, particolarmente sviluppato, per quanto riguarda i mammiferi, nel genere maschile: si tratta del meccanismo della dominanza, che si stabilisce attraverso confronti ritualizzati che solitamente pongono di fronte di volta in volta .due contendenti. Anche quando i confronti sono mortali, tra i leoni ad esempio, gli effetti sul gruppo sono sempre limitati. Nessun gruppo animale conosce la rissa micidiale, lo scagliarsi di tutti contro tutti, la massa indifferenziata in cui ci si danno botte da orbi: questo è proprio degli umani, la specie dotata di un'aggressività non controllata da meccanismi naturali di inibizione, l'unica specie violenta. Sul lato femminile è da notarsi la parallela mancanza di una limitazione temporale dell'estro. Il primum è dunque per Girard l'esperienza del linciaggio-espulsione di un membro del gruppo, evento che impedisce il collasso del gruppo stesso e, ripetuto un'infinità di volte, finisce per portare alla nascita dell'umano, cioè contemporaneamente del sacroSacro e violenza sono fratelli, e non c'è sacro senza violenza.

Anche nel pensiero di Eric Gans quella del sacro è la manifestazione primordiale dell'umano, ma lo studioso americano articola la scena originaria in un modo alquanto più complesso di quel che è in Girard. The Origin ofLanguage è il primo libro di Gans che affronta la questione delle origini dell'umano, e, come si evince dal titolo, chiama in questione un punto che Girard ha scarsamente esaminato, ovvero il problema dell'origine del linguaggio, ossia del mondo dei segni, che sono cosa ben diversa dai segnali di cui dispongono gli animali. Questi possono disporre di un vocabolario complesso, come i delfini, ma non parlano, bensì attuano forme di comunicazione, facendo corrispondere un determinato suono ad una determinata situazione. Al di fuori di quella situazione, allorquando ad esempio, il pescecane se ne è andato, non ne parlano utilizzando i segnali che lo identificano come pericoloso, proprio perché sono segnali. Il segno, invece, è un segnale che si è reso temporalmente autonomo, separandosi dal contesto vitale in cui è emerso, ed acquistando la capacità di essere riprodotto in una serie infinita. Il segno linguistico, secondo Gans, costituisce un suo proprio mondo, il mondo trascendentale dei segni, un mondo verticale che emerge dall'orizzontalità del mondo del vissuto animale. Macome nasce secondo Gans il linguaggio? In quali circostanze può essere emerso il primo segno? Gans sviluppa la sua tesi nel suo libro Originary Thinking, in cui dà fondamento alla sua antropologia generativa, e nell'ultima opera Signs of Paradox. La scena originaria è un'ipotesi, che per essere scientifica deve essere il più possibile economicacioè spiegare il maggior numero di fenomeni col minimo dispendio di concetti. Gans dà prova di una notevole capacità inventiva, nel senso migliore del termine, nella delineazione di un evento che è stato definito Little Bang, per analogia col Big Bang della fisica: è l'evento dell'esplosione antropica. Il salto dall'animale all'umano deve essere avvenuto in un modo definito, e ciò può essere pensato solo scenicamente. Ecco la scena: un gruppo di predatori proto-umani, maschi (questo mi piace terribilmente, perché pone la pratica della caccia, cui si dedicano i maschi, all'origine della cultura umana - del resto, si veda Scimmie cacciatrici di Stanford, in cui questo primatologo evidenzia il comportamento venatico come proprio solo dei maschi degli scimpanzé bonobo) circonda un grosso animale appena ucciso. Tutti provano una fortissima attrazione per le sue carni. Nel caso di altri predatori non si porrebbe alcun problema, mangerebbero secondo la scala gerarchica della dominanza. Ma nei proto-umani i tipici meccanismi di controllo dell'aggressività sono collassati, sicché la presenza di un corpo attraente dal punto di vista alimentare sta per scatenare un'aggressione indifferenziata che porterebbe alla distruzione del gruppo, ad un massacro. E di massacri in situazioni del genere ce ne saranno stati. Ma ecco che in quella situazione avviene qualcosa di inaspettato: quando la tensione ha raggiunto il parossismo non si ha la vittima, come in Girard, ma l'emissione, da parte di un membro del gruppo, di un segnale di rinuncia alla competizione per il cibo. Questo segnale viene recepito dagli altri, che contemporaneamente si ritraggono, fanno, per così dire, un passo indietro. Quel segnale è il primo segno linguistico, che si stacca dall'immediata presenza dell'oggetto a cui si riferisce, ed è ciò che Gans chiama deferral ofviolence through the sign. Dunque, il linguaggio emerge nella forma primordiale del significante rinuncia alla violenza (rinuncia momentanea, differimento). Ma i proto-umani all'interno dello stesso evento, che nella sua datitànucleare contiene tutto l'umano, fanno altresì esperienza dell'indisponibilità dell'oggetto del desiderio, della sua non controllabilità, e quindi il primo segno linguistico può essere definito il name-of-God, fondazione del sacro. Dio e l'uomo nascono insieme, secondo Gans, nel Little Bang della scena originaria. Ma in quanto tutti si ritirano insieme dalla competizione, emerge anche il senso della fondamentale uguaglianza di tutti i membri del gruppo, e nella successiva spartizione ha le radici il diritto. E anche l'arte, in quanto ciascuno esperisce l'oscillazione tra il segno linguistico che lo indica e la disponibilità dell'oggetto centrale, e quindi tra il segno stesso che dice la presenza e l'assenza reale dell'oggetto. La periferia degli esseri che circondano il cadavere-centro fa dunque un'esperienza che in sé contiene il germe di tutte le altre. Infine è da sottolineare come in questa scena abbia la propria radice il risentimento: anzitutto contro lo stesso oggetto centrale-dio, che si sottrae a ciascuno, fino al momento in cui non è tra tutti spartito. Occupare il centro, in tutti i vari modi in cui ciò sarà attuato nel corso di migliaia e migliaia di anni, sarà sempre fonte di risentimento. Nella prospettiva gansiana, ogni fenomeno umano può essere riportato alla scena originaria, e la procedura con cui ciò avviene è definita originary analysis. Egli la applica, soprattutto nelle sue pubblicazioni su Internet (Anthropoetics e Chronicles of Love and Resentment) a tutti i momenti della cultura passata e presente, e in particolare al romanzo, la cui funzione fondamentale appare quella di una negoziazione del risentimento. Il discorso qui deve interrompersi, ma cercheremo di riprenderlo in una prossima occasione.

20 marzo 2002

7 commenti:

  1. Una lettura affascinante e convincente, devo ammettere in quanto autore :-) Grazie Carla.

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    1. io trovo affascinanti tutte le possibili correlazioni tra pensiero e immagine, e sono certa che persone di un certo calibro in quanto a intelligenza saprebbero sviscerarne significati più profondi.
      Brotto ad esempio, essendo gansiano, potrebbe ampliarne lo sguardo...
      dove non c'è affinità di pensiero, dimmi dov'è il *piacere*?

      Del tuo stile mi è sempre piaciuto il marchio inconfondibile dei tuoi tratti, essenziali e diretti come una freccia!
      :-)

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  2. Molto interessante la disamina poetica.
    Stefano

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  3. Naturalmente tutti sanno che gli animali "pensano", come branco, sono muta, sono collettivo indifferenziato. Esistono collettivamente mai individualmente, pensano e si rapportano alla muta, al branco, sono parte indifferenziata natura, relazionandosi al branco, posizionandosi all'interno di questo in modo collettivo. E' per l'uomo come è per l' animale, ma nell'uomo vi è il mondo delle immagini differenziato, le immagini fuori dall'uomo come natura differenziata.

    L'uomo non ha alcun comportamento autodistruttivo. Questa idea è una grande "bufala". Gli animali hanno comportamenti assolutamente uguali agli uomini quando si organizzano in muta, in branchi, ma secondo il loro istinto vincolato dal territorio. Se differenza c'è, è nel luogo dove è situato l'istinto, dove questo è "depositato". Gli animali non hanno istinto, si potrebbe dire! Infatti è fuori da loro è collettivo, come depositato nell'area d'appartenenza, per collettivo si deve intendere anche come super-collettivo (anche l'uomo possedeva un tempo questo istinto..una memoria "limitante"). Nel sentimento religioso dell'animismo ad esempio la natura parla, il luogo ha vita, la natura possiede un anima, gli spiriti.. essere nella natura, come si dice, sentire la natura e beneficiarsi della forza ricostituente, viverla totalmente ed inseparabilmente ma anche come negli animali tragicamente. Si muore oppure si vive in relazione con essa. Oppure viverla con dipendenza, le stagioni, gli amori i periodi propizi, ecc. Il termine locuzione, il parlare, nasce dal luogo che ci parla... ci dovrebbe "dire" già qualcosa! Potremmo -dire- che l'istinto degli animali è tutto depositato fuori da loro collettivamente e vincolato nell'area geografica di pertinenza, pena l'estinzione. Il concetto di "autodistruzione" umano nasce da questa sensazione di memoria primitiva, la differenziazione dal collettivo, come forma d'appartenenza sentimentale, si teme di "perdere la natura" in realtà non la si perde affatto ma la si acquista consapevolmente. La natura, il luogo in cui viviamo non è per noi vincolante, ai fini del nostro istinto differenziato, perché proiettiamo immagini fuori da noi, produciamo "naturalità" (creazione). Le immagini, cambiamo il mondo letteralmente, ma rimane in memoria sensazioni, scorie e echi perché indifferenziati. Il mondo letteralmente viene creato dall'immagine e si fa!.. Questo si fa "verbo", diviene ragione a discapito del collettivo animale, l'età moderna, quando questa si farà (a forza di sacrifici) è senza sacrificio. "Mai piu' sacrifici!"

    Il sacrificio rituale dell'animale è indicativo. Non uccido il pollo, uccido l'istinto animale di questo. E' con questo che si gioca la partita. Uccido la terribile dipendenza dell' istinto animale con il territorio. Che evedentemente è divenuto dominante. Uccidendo il pollo mi libero del suo istinto incombente infatti nella credenza e non psichicamente a torto è in relazione con gli spiriti che non fanno piovere.o peggio. In un certo modo anche in questo caso portiamo fuori da noi l'immagine che è dentro di noi. Forse è questo il dato interessante.

    parte prima (continua sotto perché dice che più di 4096 caratteri non fa...)

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    1. Ciao Michele (auguri per oggi:-)
      interessante la tua disamina, in particolare il frammento dell'uccisione del pollo che comprende anche l'uccisione dell'istinto del pollo.
      non ci avevo mai pensato sotto questo punto di vista, collegato anche alle credenze popolari.
      Ad ogni modo il discorso è complesso e delicato...
      la salvezza dell'uomo dipende sempre dall'equilibrio che riesce a stabilire tra le varie nature.
      Una buona giornata!

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    2. grazie, si oggi è il mio onomastico-collettivo indifferenziato- ma ci dividiamo in tre la giornata tra noi "Aracangeli". io mi prendo l'ora di pranzo!

      un buon sabato.

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  4. parte seconda... continuo

    L'immagine che produciamo (apparentemente conflittuale) è proiezione arcaica che non ha più' ragione territoriale di essere, in quanto mutato ma rimane in sostanza reale (il territorio continua ad esistere noi lo modifichiamo, sacrificio di suolo, anche i piromani andrebbero forse compresi in via istintuale come forma di delirio legato a questo principio)... Altrimenti si cade in psicologismi romanzati si fa come quel tale con il pollo.. diviene principio concettuale ed a questo si applicano i concetti che ne scaturiscono, concetti di conflitto. Ossia la credenza che allontanati dall'istinto animale abbiamo perso la natura, quindi siamo "persi"... nel caos indifferenziato come era la memoria arcaica, benché carica di sapienza collettiva ma povera d'individualità ma anche questa è una forma di sentimento, uno stato che ha il suo ramo all'università.


    Ciao.

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